La Domenica del Buon Pastore

Cari fratelli e sorelle,

Siamo giunti alla quarta domenica di Pasqua che tradizionalmente è chiamata” del Buon Pastore”, ed è anche la nostra festa Patronale. È questa per la nostra comunità parrocchiale un’occasione davvero singolare per sperimentare con maggiore intensità l’evento gioioso della Risurrezione del Signore che già da quattro domeniche celebriamo come in unico giorno del Signore fino all’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste. Tutta la liturgia oggi rimanda plasticamente alla grandiosa icona del Buon Pastore che dalla parete absidale domina l’assemblea radunata per incontrarLo nei sacramenti celebrati, con i suoi colori accesi e i tanti personaggi ivi raffigurati, nel nostro tempio a Lui dedicato. Fissiamo allora ancora una volta il nostro sguardo su di lui, Buon Pastore, perché protegga e guidi sempre la nostra comunità.

Gesù oggi si presenta come il vero pastore del popolo. Per l’evangelista Luca, Gesù è il buon pastore che va alla ricerca della pecora smarrita, se la carica in spalla, fa festa con gli amici: è un pastore dal cuore misericordioso. Questa immagine carica di tenerezza si completa con quella dell’evangelista Giovanni, che presenta un pastore attento ed energico nel difendere le pecore dai banditi e dagli animali feroci, deciso a lottare fino a dare la vita per il suo gregge.

Il Buon Pastore è la prima immagine usata dai cristiani, fin dal III secolo, nelle catacombe, per rappresentare Gesù Cristo, molti secoli prima del crocifisso. Nell’immagine qui accanto: la statuetta del Buon Pastore, il reperto più celebre della collezione di reperti cristiani antichi custoditi nei Musei Vaticani; è senz’altro una delle immagini simboliche del Cristianesimo primitivo. La ragione di tale antichità è nella ricchezza biblica dell’immagine del pastore (cfr. Esodo, Ezechiele, Salmi…), con il quale Gesù si è identificato e che Giovanni ha riletto in chiave messianica. Abbondano infatti le espressioni che indicano la vita e le relazioni tra lui e le pecore: entrare-uscire, conoscere, chiamare-ascoltare, aprire, condurre, camminare-seguire, perdere-rapire, dare la vita… Fino all’identificazione piena di Gesù con il buon pastore che dà la propria vita per le pecore. Il testo greco usa un sinonimo: il pastore “bello”, cioè buono, perfetto, che unisce in sé la perfezione estetica ed etica. È il pastore per eccellenza!

Gesù ci rassicura ostinatamente che la sua iniziativa di salvare le pecore avrà successo: “non andranno perdute e nessuno le strapperà dalla mia mano… e nessuno può strapparle dalla mano del Padre”. Tale sicurezza non si fonda sulla bontà e fedeltà delle pecore, ma sull’amore gratuito di Cristo, che è più forte delle miserie umane. Egli non rinuncia a nessuna pecora, anche se queste si sono allontanate o non lo conoscono: tutte devono entrare per la porta che è Lui stesso, perché Egli è l’unica porta, l’unico salvatore: offre la sua vita per tutti; ha anche altre pecore da attirare, fino a formare un solo gregge con un solo pastore. La missione della Chiesa si muove su questi parametri di universalità: vita offerta per tutti, vita in abbondanza, prospettiva dell’unico gregge… Anche se il gregge è numeroso, nessuno è in più, nessuno si perde nell’anonimato, anzi i rapporti sono personali: il pastore conosce le sue pecore, le chiama una per una, per nome e queste lo ascoltano e lo seguono.

2017_05_07 Avvisi (2)

 

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